La mia evoluzione fotografica in 30 scatti (parte 1)


Da quel che ricordo, ho sempre amato scattare fotografie come quelle che vedevo sui libri di scuola. Mia madre aveva una vecchia macchinetta nera, e capitava spesso che la rubassi per scattare una miriade di foto alle piante del giardino sprecando inesorabilmente rullini su rullini pieni di foto sfocate. Anche crescendo, ho continuato ad apprezzare la fotografia nelle gite scolastiche, in cui ero sempre equipaggiata di macchinette usa e getta che riempivo di fotografie da turista documentando tutto quello che mi capitava sotto gli occhi. Pensandoci bene, è stato proprio in quel periodo che ho cominciato a maturare il mio occhio fotografico: oltre alla miriade di fotogrammi da turista, ho infatti ritrovato alcuni scatti in cui effettivamente devo aver pensato di fare arte piuttosto che documentazione.


Queste due fotografie le ho scattate a Parigi quando avevo 13 anni. La prima, scattata spostandomi un po’ più a destra magari in verticale prendendo tutta la torre, sarebbe stata, per le condizioni di luce, probabilmente un ottimo bianco e nero. Della seconda, la mia prima notturna, ricordo che rimasi incantata dello spettacolo delle luci che si riflettevano nella Senna dal lungo fiume, e scattai d’istinto dal battello una foto abbastanza pittoresca, ma inevitabilmente mossa.
Londra, anno 2007, 15 anni. Mi trovavo in un parco bellissimo , sopra un ponticello che scavalcava un laghetto, uno scenario molto romantico e pieno di riflessi. Anche in questo caso devo aver associato il panorama ad un dipinto, ma non conoscendo i meccanismi dell’esposizione, né la post-produzione (tra l’altro scattavo con una macchinetta usa e getta!), ho messo a fuoco le piante e bruciato inesorabilmente il cielo. I quadri impressionisti e romantici che studiavo in storia dell’arte sono stati la mia prima ispirazione per quanto riguarda la composizione fotografica, ancor prima dell’invenzione di Instagram e di Facebook, in cui ho trovato un mondo a cui ispirarmi, per me un esercizio fondamentale soprattutto negli ultimi anni.

Ho continuato a scattare fotografie da turista per i restanti anni della scuola superiore. Un cruccio che non mi toglierò mai riguarda quelle del mio viaggio in Australia, andate tutte perse per il danneggiamento della memory card. In quel viaggio, in cui per caso nel gruppo era presente un fotografo professionista, ho imparato che per scattare in notturna era necessario che la macchina stesse immobile.

L’invenzione del digitale è stata per me una scoperta magnifica: finalmente potevo vedere la foto che scattavo prima di stamparla e decidere se tenerla o cancellarla. Questo non mi ha certamente risolto i problemi con la messa a fuoco, soprattutto dei fiori. Non avendo una fotocamera mia, usavo quella di mia sorella per documentare tutti i fiori e funghi che trovavo lungo i sentieri di montagna… riguardando le foto da scegliere per l’articolo mi sono resa conto che non ce n’era nemmeno una in cui il soggetto stesse a fuoco! 
Anche con il digitale ho continuato a scattare da turista al paesaggio, incontrando per la prima volta un mondo che non avrei lasciato più, quello della fotografia paesaggistica. Tra le migliaia di foto banalissime di rocce, funghi, monti, pascoli e nuvole soltanto un paio racchiudono una situazione interessante e una luce particolare, non certo ricercata, ma ottenuta completamente a fattore c! 


Nel 2010 con la scoperta del mondo cactofilo mi sono imbattuta in un tipo di fotografia nuovo, che mi ha affascinato in quel periodo più di tutti gli altri. Nel forum, i coltivatori più esperti scattavano foto alle loro piante con sfondo completamente nero, colori sgargianti e una tridimensionalità che non ero mai riuscita a catturare con i miei scatti alle piante selvatiche. Dopo aver scoperto che quegli scatti erano possibili solamente con reflex, cavalletto e obiettivo macro, ho cominciato a desiderare di avere anche io una macchina di quel tipo, unicamente per fare foto come quelle che facevano loro. Nel frattempo cercavo di imitarli come meglio potevo usando la compattina di mia sorella; la maggior parte delle volte ottenevo risultati scadenti, ma è stato quello il periodo in cui ho iniziato seriamente ad esercitarmi nella composizione dell’immagine e a decidere che una inquadratura era migliore di un’altra. 

Con il conseguimento della mia prima laurea mio padre mi regala l’agognata reflex. Penso che sia stato uno dei più bei giorni della mia vita, e il più bel regalo di sempre. Nella più completa ignoranza, presa dal fomento che avrei fatto con uno schiocco di dita foto come quelle dei miei amici del forum, scatto la prima foto al mio gatto.

Nel momento in cui la foto è apparsa sullo schermo sono rimasta estasiata dalla quantità di dettagli che quella macchinetta era riuscita a catturare sul musino di Tupi, si vedeva ogni singolo pelo. Sempre presa dalla foga, costruisco uno sfondo fotografico tipo quelli per still-life, prendo un paio di cactus e scatto.

Il risultato mi deluse molto, perché solo una parte della pianta era a fuoco. Mi misi perciò a leggere le istruzioni e chiesi a un signore molto esperto del forum, che mi consigliò di scattare su cavalletto a iso 100 con un diaframma molto chiuso (non sapevo nemmeno cosa fosse il diaframma). Scattavo dentro casa con pochissima luce, e mi sembrava così strano che la macchinetta con quei parametri ci mettesse qualche secondo per completare lo scatto!

Quell’anno ebbi anche la possibilità di provare la nuova macchinetta in val di Fassa, e niente, continuai a scattare foto da turista documentando le montagne. Qualcosa però dentro di me stava cambiando. Cominciavo ad avere più consapevolezza di quello che fotografavo, e non scattavo più completamente a caso, ma cercando di comporre le immagini in maniera armoniosa. Certamente gli anni precedenti a fotografare le piante grasse della mia collezione qualcosa mi avevano lasciato. E tra le foto documentative come questa 

Cominciano a spuntare alcuni scatti più particolari e ragionati, come questo,
e, finalmente, le mie foto ai fiori non furono più sfocate, dal momento che capii che la macchina mette a fuoco sui puntini che diventano rossi. Quell’anno scattai due delle più belle foto ai fiori che io abbia mai scattato, sempre a caso in modalità automatica, la prima delle quali ho esposto alla mia prima mostra la settimana scorsa.


La mia crescita non si ferma certo al 2014! Curiosi di sapere a che punto sono arrivata e di vedere il frutto della mia evoluzione come fotografa negli ultimi tre anni? La seconda parte dell'articolo a breve su Simonetta Passione!

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