Progetto Iris

Fonte:Pinterest
Mi succede spesso di credere, dopo alcuni giorni di relativa stabilità, di aver finalmente raggiunto quella serenità tanto agognata da sempre, che forse non raggiungerò mai davvero: infatti basta un niente, come un film al cinema, un incontro per strada, per mandare in frantumi quell’equilibrio tanto precario raggiunto con tanta fatica e rimettere in circolo pensieri che credevo di aver seppellito per sempre, ma che probabilmente per sempre mi perseguiteranno. Mi capita di pensare, in questi momenti di profonda interiorità, ai successi dei miei vecchi compagni di scuola, a chi si è sposato, a chi ha raggiunto una carriera importante o i presupposti per ottenerla, e paragonare tutto ciò alla mia situazione tanto precaria dentro e fuori. È in questi momenti che penso che le mie passioni non servano a niente se non a illudermi di essere speciale, che anche io valgo qualcosa, o per otturare la mente in momenti che altrimenti servirebbero soltanto a dare campo libero a pensieri che non fanno altro che torturarmi dalla mattina alla sera. In questo stato mentale e fisico tanto complesso ho maturato dentro di me un progetto, da sempre chiuso a chiave in un cassetto affinché non dovessi mai pesare su nessuno per realizzarlo. Ma arrivata all’età di 27 anni, tormentata da una marea senza forma che vive nel mio intimo e che mi porta a odiarmi più di qualsiasi altra cosa al mondo, ho pensato che almeno quel poco che dipende da me in questa vita me lo voglio prendere con le unghie e coi denti.
Fonte: Pinterest
Mi ha sempre colpito durante i miei studi l’atteggiamento tormentato degli scrittori che paragonavano il paesaggio al proprio stato d’animo. È forse proprio per questo che amo le rovine invase dalla vegetazione e mi sento tanto a mio agio tra i muri diroccati impregnati di storia, perché è come se dentro di me ci fosse uno specchio che trova in quel momento un conforto in quel riflesso tanto vicino al mio stato d’animo. Ma è arrivato il momento di dire basta. Una persona mi ha detto che devo fare una scelta: se voglio per sempre vivere nel mio giardino fatto di splendide e affascinanti rovine oppure trovare la forza di rimboccarmi le maniche affinché quelle rovine tornino a vivere e ai rovi si sostituiscano i fiori, alle spine i petali, all’umidità il profumo della primavera. È probabilmente una delle scelte più importanti della mia vita, una scelta che mi sono trovata di fronte una marea di volte e da cui sono scappata, oppure che ho avuto per un attimo il coraggio di intraprendere per poi arrendermi alla prima o alla seconda difficoltà, fino a toccare il fondo.
Foto: Simonetta Ferri 2017
Esiste una parola che mi piace tanto, e che ultimamente va talmente di moda che i ragazzini se la tatuano senza nemmeno sapere che significa: RESILIENZA. Una capacità che ho dovuto affrontare e apprendere troppo precocemente nella mia vita, tanto da avermi lasciato traumi che nemmeno ancora conosco. Tuttavia, una volta toccato il fondo non resta che risalire. È ora di restaurare questo giardino fatiscente che vive dentro di me, perché anche se le rovine resteranno tali le erbacce possono essere sempre sostituite dai fiori. E spunteranno sempre, e sempre andranno estirpate, per non soffocare le piante più belle. 
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Esiste un giardino nella mia città, che è quello di casa mia, che è lo specchio esatto di quello che è presente in questo periodo e da sempre dentro di me. Ogni tanto qualcuno lo viene a pulire, una o due volte all’anno, ma irrimediabilmente si riempie di erba alta tra la rassegnazione di tutti e rimane così, in bella vista, vergognandosi del suo schifo ma senza far nulla per cambiarlo. Ho pensato in uno dei miei rimuginamenti continui, che è ora che qualcuno metta mano a quel disastro del mio giardino, dentro e fuori. Che posso accompagnare la mia crescita e pulizia interiore con un gesto concreto, simbolico e allo stesso tempo catartico, che mi aiuti e incentivi a non mollare, e che allo stesso tempo realizzi un paio dei miei sogni più reconditi: essere una persona serena e avere un giardino pieno di fiori profumati e una casetta per le mie piante da collezione. Ho sempre pensato di dovermi prima sposare e andare a vivere con un marito per avere un giardino tutto mio. E ora che questo sogno è stato calpestato, frantumato, sporcato e gettato nel dimenticatoio, posso fieramente affermare di avere già un giardino tutto mio, qualsiasi cosa accadrà in futuro, che io ci creda o meno. Ed è qui che realizzerò ciò che dipende da me.
Fotografia: Simonetta Ferri 2018
Progetto Iris, è così che ho chiamato questa sfida. All’inizio era solo il nome della serra che avrei voluto per le mie piante, poi mi sono resa conto che quel fiore che tanto odio è come se fossi io, che ho bisogno di essere curata, guarita e concimata per poter sbocciare finalmente come una persona serena. Ho intrapreso un percorso ormai da qualche settimana verso questo obiettivo e desidero accompagnarlo concretamente con la pulizia del mio giardino. Ogni erbaccia che toglierò, ogni fiore che pianterò, fino ad arrivare alla costruzione dell’orto e della serra, corrisponderanno alle mie piccole conquiste personali alla ricerca della serenità. Senza aspettare nessuno e niente, perché dipende solo da me. 
Fotografia: Simonetta Ferri 2018
Ci vorranno molti soldi e molte energie sia fisiche che mentali, e mi spaccherò la schiena, mi farò in mille se necessario per raggiungere il mio obiettivo. Le piante che pianterò saranno perenni, come desidero che siano i cambiamenti che voglio apportare al mio modo di affrontare la vita. E alla fine pianterò anche gli iris, simbolo di questa me che tanto odio ma che voglio imparare ad amare.

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