L'Islanda dietro casa

Sono qui stasera per raccontarvi un’avventura meravigliosa. Avete presente quando passate una giornata in cui le emozioni positive si susseguono una dietro l’altra? Dalla mattina fino a quando andate a dormire, sì, esatto! Una giornata perfetta. È quella che io ho trascorso in compagnia di mia madre in un posto che lascia senza parole, in ogni stagione dell’anno. Di che posto si tratta? Scopriamolo insieme!


Il 2 Novembre 2020, quando ancora non esistevano restrizioni sugli spostamenti, sono partita con mia madre alla volta di Bosco Martese, località Ceppo. Ci eravamo già state la settimana prima, ma non avevamo trovato quello che stavamo cercando. Il foliage nel giro di una settimana si era esaurito, ma l’arancio delle foglie secche e il giallo delle felci rendevano l’atmosfera ancora parecchio autunnale. Il cielo era completamente terso e una lieve foschia riempiva le vallate sottostanti. Le nostre destinazioni erano due, entrambe presso la località chiamata Lago dell’Orso, ai piedi di Pizzo di Moscio, Monti della Laga (provincia di Teramo, comune di Rocca Santa Maria): il fantomatico bosco dei faggi torti e la cascata della Cavata. Appena partite, dal momento che avevamo già sbagliato strada la settimana prima, imbocchiamo il sentiero corretto, una comoda strada brecciata utilizzata dai boscaioli. Quello che non ci aspettavamo era il panorama: il sentiero affacciava direttamente sul gruppo del Gran Sasso. Le montagne coperte dai primi ghiacci scintillavano sotto i raggi del sole del mattino e una pesante foschia nelle valli sottostanti dava l’effetto che fluttuassero nel vuoto. Lo spettacolo era mozzafiato, ancor di più per il contrasto dei colori: l’azzurro carico del cielo faceva festa con il giallo e l’arancio della vegetazione!


La mia prima sosta fotografica è stata proprio lungo questo sentiero. Ho trovato un affaccio naturale tra le felci ancora non completamente secche, che creava una cornice di colore per il bellissimo quadro delle montagne innevate. Ho scattato tre immagini con lunghezza focale differente e in post produzione per la prima volta ho creato un focal lenght blend: si tratta di una tecnica che consente, giocando con le maschere di livello, di unire due fotografie realizzate con due lunghezze focali diverse, nel mio caso un 20 mm e un 50 mm (all’incirca; ho utilizzato un basico obiettivo 18-55mm, perché è l’unico zoom che ho). Ho utilizzato un vertical panorama scattato con il grandangolo per la cornice di piante e una foto più stretta per le montagne, dal momento che nello scatto singolo realizzato con il grandangolo il Gran Sasso, punto di forza della foto, era molto piccolo. In questo modo sono riuscita a ingrandire solo le montagne, dando un effetto più vicino a quello visto a occhio nudo.

“Ferns frame” (La cornice di felci)

Canon EOS 600D, Canon 18-55 mm

2x 1/100, F16, ISO 100 (20 mm)

1x 1/100, F16, ISO 100 (55 mm)

Scattate con il cavalletto

Ferns frame
Ferns frame

 
Backstage di Ferns Frame

Continuando la nostra salita gli alberi si sono diradati sempre più per lasciare lo spazio ai pascoli, e lo spettacolo del Gran Sasso sospeso sulle nuvole ci ha lasciato ancora di più senza fiato. Ho scattato altre foto, in seguito scartate perché non sono riuscita a trovare un bel primo piano che potesse accompagnare degnamente uno spettacolo tanto bello. Sarebbe stato bello anche fotografato da solo… ci arriveremo a fine giornata.



Arrivate in località Lago dell’Orso si apre davanti ai nostri occhi la vista di Pizzo di Moscio, uno dei picchi dei Monti della Laga. Si tratta di una montagna a piramide ricoperta completamente di erba, ai piedi della quale si estende la strepitosa cascata della Cavata. La particolarità di questo monte è proprio la sua cima a punta. E proprio qui ho iniziato a pensare.. ma questo paesaggio io l’ho già visto! Realizzerò più avanti dove… continuiamo il nostro viaggio. 

La vetta a punta di Pizzo di Moscio

Dopo aver pranzato tra la vista del Gran Sasso, quella dei Monti della Laga e quella dei Monti Gemelli (e del mare!), vado alla ricerca della mia meta principale: il bosco dei faggi torti! Si tratta di uno dei più bei boschi italiani, paradiso dei fotografi paesaggisti locali e non. È un bosco di faggi che si estende su un lembo di terra tra il pascolo e una ripida scarpata, caratterizzato da un forte fenomeno chiamato “creeping”: in pratica il terreno su cui sono nati gli alberi è soggetto a progressivo scivolamento verso valle, per cui crescendo questi hanno assunto una forma storta; sembra quasi che da un momento all’altro prendano vita e si mettano a marciare, come gli Ent della foresta di Fangorn nella Terra di Mezzo! 


E proprio a Fangorn è dedicata la prima fotografia che ho realizzato in questo posto meraviglioso. Prima di scattare questo merge di 9 scatti, presa dall’entusiasmo di aver finalmente trovato questo posto nascosto, ho fatto tantissime fotografie. Nella foresta penso di averne scattate decine, sicuramente più di 100. Ogni passo che facevo il disegno che gli alberi componevano diveniva diverso e c’erano particolari interessanti dappertutto. Per tutti i miei scatti ho utilizzato il 18-55 mm: ho capito provando e riprovando che era necessario un obiettivo zoom con una buona lunghezza focale piuttosto che il grandangolo, ed era quello l’unico che avevo. Effettivamente un obiettivo del genere consente di giocare al meglio con tutte le infinite possibilità fotografiche che offre questo bosco fiabesco.

Immagine realizzata con un medio tele (55mm)

Immagine realizzata con un grandangolo (14mm)

Come vi ho già accennato, la prima fotografia che ho realizzato in questo posto è in realtà una composizione di 8 scatti uniti in Photoshop. Nemmeno con il mio grandangolo sarei stata capace di ritrarre tutto quello che volevo in un solo fotogramma. Avevo trovato un tronco caduto con una linea curva interessante: dietro a questo, il limitare della foresta verso il pascolo, da cui proveniva la luce del tramonto. Lavorandolo con Photoshop, in cui ho cercato di dare un colore di fondo unico sul marrone, mi sono accorta che la scena ricordava incredibilmente quella in cui, ne Il Signore degli Anelli – Le due Torri, Legolas, Aragorn e Gimli nella foresta di Fangorn incontrano Gandalf avvolto in una grande luce, dopo averlo creduto morto nelle miniere di Moria. Per questo ho deciso di intitolare così la mia immagine!

“Fangorn”

Canon EOS 600D, Canon 18-55 mm

8 x 1/25s, F8, ISO 100


Scatto a mano libera. Eh si, a mano libera. E per di più, in equilibrio su un albero! La cosa più divertente dello scattare in questo bosco è stata il poter camminare sui possenti tronchi degli alberi, dato che la loro parte basale era praticamente orizzontale e parallela al terreno!

Backstage Fangorn


Ho continuato a vagare nella piccola foresta dei faggi torti per più di un’ora. Dovunque mi giravo notavo una prospettiva, un dettaglio, un insieme di linee nuovo. In prospettiva alcuni alberi creavano quasi delle gallerie, dei tunnel, come fossero i pilastri di una cattedrale gotica. La seconda fotografia che ho scelto di lavorare in post produzione si chiama “Woodland wave”. Anche questa, come mi hanno fatto notare, richiama tantissimo i set delle foreste della Terra di Mezzo, sembra davvero un set cinematografico della mia tanto amata trilogia. Forse per questo ero tanto emozionata in quella foresta. Prima una panoramica, ora un leggero crop (ritaglio): da una foto realizzata con una focale corta (grandangolo), ho aggiustato la composizione per renderla più armoniosa ritagliando i bordi ed eliminando elementi di disturbo. In post produzione ho fatto i miracoli per rendere la luce tenue e delicata, creare dinamismo nei punti non illuminati e adattare i colori ricreando proprio l’effetto “set cinematografico fantasy”. Di tutte quelle che ho realizzato è quella che mi piace di più.

“Woodland wave” (l’onda di foresta)

Canon EOS 600D, Canon 18-55mm

1/25s, F8, ISO 100

Scatto a mano libera

Woodland Wave

Come ultima foto, dopo una panoramica e un leggero crop, vi mostro un dettaglio realizzato con lo zoom al massimo (55mm). Da queste fotografie davvero si capisce come spesso nei boschi sia meglio fotografare con ottiche lunghe piuttosto che con grandangoli: a volte stringendo l’inquadratura si notano dettagli che rendono la composizione molto più interessante. Date solo un’occhiata alle linee di questa foto: sembra un quadro di arte moderna? L’ho chiamata “Dino skeleton”, ovvero “scheletro di dinosauro”. Il nome parla da sé: non sembra anche a voi di entrare dentro uno di quei grossi scheletri di dinosauri esposti nei musei americani? Per quanto riguarda l’editing, la sfida era quella di realizzare 3 immagini con 3 stili diversi. Per questa in particolare ho voluto ispirarmi allo stile classico che si usa nelle più recenti tendenze fotografiche riguardanti i boschi e le foreste. Ho cercato di desaturare quasi al massimo i colori dei tronchi e di enfatizzarne i particolari e di rendere tutto il resto di un unico colore naturale, in questo caso l’arancio (dal momento che era autunno e le foglie erano secche non volevo troppo discostarmi dal file non ritoccato). Il risultato non arriva minimamente all’altezza della foto a cui mi sono ispirata (che ho scoperto essere stata scattata non solo nello stesso bosco, ma anche allo stesso albero!), ma non è poi così male.

“Dino skeleton”

Canon EOS 600D, Canon 18-55 mm (55mm)

1/125s, F8, ISO 100

Scatto a mano libera anche questo.

Dino skeleton

Uscite dal bosco, siamo tornate indietro per un breve tratto di strada per incrociare il percorso che conduce alla bellissima cascata della Cavata. Di nuovo sulla sella panoramica da cui si potevano ammirare sia il Gran Sasso che il mare, la luce della golden hour cominciava a rendere ancora più fiabesco ciò che altrimenti, anche con il sole alto nel cielo, avreste considerato già perfetto. 


Il sentiero per la Cavata taglia a mezza costa un pendio erboso e conduce in qualche minuto a un torrente che scorre sul letto di arenaria. Eravamo in mezzo a un branco di cavalli che brucavano tranquilli la loro erbetta: un cartello crollato a terra indicava in quel punto la cascata, ma effettivamente c’era soltanto uno scivolo di pietra, niente affatto pendente. La curiosità della cascata mi ha spinto ad avventurarmi più in basso, dal momento che sotto di noi la terra faceva un grosso gradone… doveva essere lì! E infatti eccola, in tutto il suo splendore, la cascata della Cavata, una delle più belle dei Monti della Laga. Questi monti, essendo costituiti di arenaria per la gran parte, hanno infatti tantissimi ruscelli e cascate, alcune delle quali spettacolari a dir poco.

La cascata della Cavata (con poca acqua)

Giunta alla base della cascata, sapevo già cosa fare con la mia fotocamera. Sono riuscita ad attraversare lo scivolo di acqua che scendeva dal salto di roccia, molto scivoloso, e mi sono piazzata alla base. Ho scelto di scattare per un HDR manuale: uno scatto per il cielo e una panoramica verticale con la corretta esposizione per la cascata e il ruscello sottostante. Una bellissima nuvoletta piumosa illuminata dal tramonto corredava quello che era già uno spettacolo pazzesco. A casa, unendo gli scatti, mi sono poi accorta di aver tagliato fuori dall’inquadratura un pezzo di cascata in un angolo, in una delle foto che volevo usare per il primo piano. Per cui ho utilizzato la foto per il cielo e la seconda foto per il primo piano… rendendo le esposizioni simili nella parte inferiore sono riuscita a comporle in una panoramica verticale senza HDR. Ho dato un po’ di effetto tramonto et voilà! Anche questa ha fatto davvero successo su instagram… nonostante abbia degli evidenti difetti. Tuttavia, è il primo passo verso il mio obiettivo di editing futuro, ovvero ottenere un effetto molto naturale anche facendo modifiche pesanti alle immagini (sempre in termini di regolazioni e fusioni di fotogrammi! Niente fotomontaggi!).

“La Cavata”

Canon EOS 600D, Samyang 14mm F2.8

Cielo: 1/40s, F16, ISO 100

Terra: 1/2s, F16, ISO 100

"La Cavata"


Attraversato di nuovo il branco di cavalli, giungiamo per la terza volta sulla sella panoramica prima di scendere. Sono ormai le 17 e il sole è tramontato. In cielo non c’erano nuvole importanti, ma il tramonto è diventato ugualmente prima dorato e poi rosa. Immaginate che meraviglia il silenzio assordante della montagna con uno spettacolo del genere, in completa solitudine. Dietro di me Pizzo di Moscio con la sua cima a punta e sotto la cascata della Cavata… ecco che mi ricordava!! Montagne a punta, cascate spettacolari… c’è proprio bisogno di volare fino in Islanda quando dietro casa ce n’è una in miniatura? Forse si… ma sarebbe il caso di rivalutare un gioiello incastonato nei nostri Appennini, tra Marche, Lazio e Abruzzo, che non sarà l’Islanda d’estate ma ci si avvicina molto. E poi.. in Islanda il Gran Sasso dipinto di rosa, ancora fluttuante sulla foschia della valle, non c’è mica. Abbiamo fatto talmente tante foto che siamo arrivate alla macchina con il buio quasi pieno. E gli occhi, quelli pieni di meraviglia.

Canon EOS 600D, Canon 18-55mm (55mm + crop)

1/50s, F5.6, ISO 100

Cavalletto

"Gran Sasso"

Backstage della foto sovrastante!

Sul sentiero per la Cavata

Non volevo andare più via...

Il tramonto illumina i Monti Gemelli


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